Venezia Serenissima e i boschi

Guardi,Francesco_Origini della Serenissima

Le isole della laguna vennero abitate sin dal V secolo, quando le popolazioni della terraferma cercarono scampo dalle invasioni di Visigoti e Unni e successivamente dei Longobardi. Nel 751, col crollo dell’esarcato di Ravenna, le isole lagunari conquistarono l’autonomia. Dopo l’assalto dei Franchi nell’810 gli abitanti trasferirono la capitale da Malamocco all’isola di Rialto, che tra il IX e il X secolo diventò il centro della vita politica ed economica della città. Nei secoli successivi nacquero le istituzioni della futura repubblica: la massima autorità politica e civile era il doge, affiancato dal Maggior Consiglio,  dal Senato e dal Consiglio dei Dieci. Le cariche, originariamente elettive, divennero presto privilegio di un numero ristretto di famiglie patrizie, trasformandosi di fatto in ereditarie.

Il dominio dei mari e la rivalità con Genova

A partire dal IX secolo Venezia fiorì rapidamente grazie ai traffici commerciali con Bisanzio e con l’Oriente, e nella seconda metà del secolo iniziarono le prime spedizioni armate contro Slavi e Saraceni. Nel corso dell’XI secolo fu assicurato il dominio dell’Adriatico, e nel secolo successivo furono gettate le basi dell’impero nel Levante attraverso la partecipazione alle crociate e l’acquisto di scali ed empori sulle coste siriache e su quelle palestinesi. L’ascesa della città in Oriente culminò con la quarta crociata, che vide la fondazione dell’Impero Latino d’Oriente nel 1204 e la conquista di Costantinopoli. Le colonie commerciali si trasformano in colonie territoriali, e Venezia divenne la vera padrona dell’Oriente. Questa espansione determinò il grande conflitto con Genova. Dapprima lo scontro rimase localizzato in Oriente, poi si spostò nell’Adriatico, dove Venezia subì nel 1298 la sconfitta di Curzola. La lotta finale per la supremazia nel Mediterraneo si ebbe alla fine del Trecento.

-Repubblica_di_Venezia

L’espansione nell’ entroterra e la minaccia turca

Con la fine del Trecento iniziò la fase della politica di terraferma veneziana. Dopo aver conquistato il Trevigiano, la città perseguì una politica di penetrazione nell’entroterra, e nel 1430 il suo dominio si estendeva a occidente fino all’Adda e a oriente comprendeva tutto il Friuli. Intanto, però, sin dall’inizio del XIV secolo erano comparsi nel Mediterraneo orientale i Turchi Ottomani, che occuparono a poco a poco i territori veneziani. Nello stesso periodo la Serenissima iniziò il tentativo di estendere il suo potere in Italia occupando Brescia, Bergamo, Crema ed estendendosi in Puglia e in Romagna. Contro l’egemonia veneziana gli Asburgo d’Austria, la Spagna e la Francia si coalizzarono nella Lega di Cambrai, che nel 1509 sconfisse i Veneziani ad Agnadello, costringendoli a rinunciare a ogni mira espansionistica in Italia. Alla fine del Seicento iniziò il declino della Repubblica, che investì anche le attività artigianali e manifatturiere. Perduta ogni rilevanza politica, nel Settecento la città divenne ormai solo un centro turistico, celebre per le sue feste e i suoi carnevali. Ceduta all’Austria da Napoleone nel 1797, la Repubblica cessò di esistere.

Ricerca di Ardi T., Riccardo G., Asia F.

Cansiglio 1I boschi della Serenissima

Quando i Veneti entrarono nella sfera amministrativa romana, in pochi decenni le splendide e fitte foreste che costituivano il paesaggio del Nord-Est d’Italia vennero dissodate per fare spazio ad un sistema agrario basato su una quindicina di agri centuriati. Dopo circa cinquecento anni di sfruttamento, a seguito delle invasioni barbariche ed anche a causa di eventi climatici catastrofici; dopo ripetute epidemie di peste, i boschi tornarono a ricoprire i territori del Nord-Est. Con l’inizio del secondo millennio si ebbe una terza ondata di cambiamenti. Grazie a una nuova stabilità sociale e al rifiorire dell’economia, si tornò infatti a disboscare per fare spazio a nuove campagne e fornire cibo alla popolazione in crescita. Nel Nord Italia si distinse, a partire dal XV secolo, Venezia, importante repubblica marinara. La Repubblica Serenissima, aveva la necessità di conservare foreste produttive ed efficienti anche sotto il profilo idraulico, che servivano per fornire legname all’Arsenale. La Serenissima cercò quindi, di conservare le foreste che rimanevano ancora intatte nei suoi possedimenti, dedicando particolare attenzione alla selvicoltura e perfezionando sistemi di gestione forestale paragonabili ad alcuni di quelli ancora oggi in uso.

cansiglio (1)Il Cansiglio: la foresta della Serenissima 

Il Bosco del Cansiglio fornì, per quasi tre secoli, alla Casa dell’Arsenale i fusti di faggio coi quali si costruivano i lunghi remi delle galee, le famose navi veneziane. Il Cansiglio, che  è uno dei più bei boschi d’Italia, è stato l’antica foresta “da remo” della Serenissima, perché i suoi alberi erano censiti e tagliati soltanto per i cantieri navali di Venezia e in particolare erano utilizzati per costruire i remi delle navi veneziane.

Ricerca di Alberto Z., Fatlum S., Daniel P.

AlpagoBoschi comuni

 Si è stimato che nel XIII secolo, in tutta la pianura veneto-friulana, circa quattro quinti del territorio rurale fossero ancora occupati da boschi e da paludi. Essendoci tanta abbondanza di alberi venivano dati ampi tratti di boschi alla gente originaria dei luoghi, riunita in comunità, come proprietà collettiva e venivano sfruttati liberamente. In questo modo, però, le foreste vennero devastate, così due secoli più tardi si dovette correre ai ripari. Dapprima si tentò di limitare i diritti d’uso concessi ai contadini con delle leggi; all’inizio vincolando i migliori boschi dati in uso collettivo. Poi, dovendo comunque soddisfare le necessità domestiche (riscaldamento e cucina), quelle dei lavori agricoli (paleria per le viti) e quelli per le costruzioni (attrezzi e carri), si fissarono delle leggi sull’uso degli alberi da taglio e si studiarono regole appropriate di coltivazione in modo che i boschi, troppo sfruttati, progressivamente non perdessero la loro capacità produttiva. Venezia anticipò il principio moderno della sostenibilità. Verso la fine del 1500 era ormai comune infliggere pesanti condanne a chi avesse abbattuto alberi d’ogni specie, anche peri o meli coltivati negli orti, senza averne ricevuto il permesso. Dal XIII secolo si cominciò a registrare anche un nuovo generale peggioramento delle condizioni di stabilità idraulica del territorio, sottoposto sempre più di frequente a piene, alluvioni. Oggi sappiamo che la causa di questi fenomeni deriva dalle intense deforestazioni, soprattutto in montagna; ma allora nessuno sembrava in grado di collegare fenomeni che distavano anche centinaia di chilometri l’uno dall’altro, dalla montagna alla pianura. Soltanto Venezia fece in parte eccezione, dando organicità, pur se gradualmente, a un disegno di governo accorto e onnicomprensivo dei suoi possedimenti, che prevedeva anche la tutela e la valorizzazione dei boschi e del territorio forestale.

Faggeta.Primavera-800La Serenissima e boschi dello “Stato da tera”

 Alcuni storici datano l’interesse della politica veneziana verso l’entroterra veneto e friulano al momento della elezione del Doge Francesco Foscari, avvenuta nel 1423. In quegli anni Venezia possedeva una flotta mercantile dotata di 3300 navi, sulle quali si imbarcavano 25000 marinai; l’Arsenale armava ogni anno 45 nuove galere da guerra, e nella flotta prestavano servizio 11000 marinai. La Casa dell’Arsenale provvedeva alla costruzione e alla manutenzione di queste navi impiegando costantemente almeno 1600 dipendenti (fino a 4000 in casi eccezionali), in larga misura marangoni, cioè esperti nel taglio e nella lavorazione del legname. Quindi, circa 40000 persone, con le relative famiglie, dipendevano dalla disponibilità di legname per l’industria navale e dal commercio marittimo. La formazione di uno Stato da Tera, accanto al preesistente Stato da Mar, dipendeva sia  dalla necessità di una difesa dalla terraferma, ma anche il potenziamento delle ricchissime opportunità di approvvigionamento di buon legname e di ogni altro bene agricolo che sia la montagna, sia la fertile pianura veneto-friulana, avrebbero potuto a lungo garantire alla Serenissima.

Ricerca di Denis B., Anna C.

Un fiume di legname

 La necessità di legname era immensa. Enormi quantità di pali servivano per consolidare le rive per rimediare ai danni causati dalle mareggiate. Moltissima legna contribuiva al riscaldamento della città. Altrettanto importante era la richiesta delle vetrerie. Per le fondamenta serviva il legname più pregiato, di rovere o di larice. Le conifere venivano dal Cadore, fluitate lungo il Piave, oppure dal Vanoi e dal Primiero, lungo il Cismon e poi lungo il Brenta. Nel Brenta venivano calati anche  gli abeti dell’Altopiano di Asiago. Il Bacchiglione portava a Chioggia il legname dell’alta pianura vicentina e l’Adige quelle della Lessinia e delle alte terre veronesi, oltre a quelle provenienti dal Tirolo.Una fitta rete di canali, faceva arrivare gli alberi di rovere dalla pianura fino a Venezia.

Zattere e zattieri

Il legname giungeva legato in zattere fluitate lungo i fiumi principali. Le zattere constavano di più ordini di taglie, cioè tronchi di quattro-sei metri di lunghezza, legati tra loro e collegati in più elementi come i vagoni di un treno. Quelle di maggiori dimensioni erano larghe fino a cinque metri e lunghe oltre venti. Su quelli centrali venivano collocate merci, e talvolta anche passeggeri. Le zattere affrontavano i fiumi approfittando dei momenti di piena moderata. Quelle che scendevano l’Adige giungevano a Chioggia; quelle che percorrevano la via del Piave entravano in laguna all’altezza di Jesolo. Venivano quindi condotte fino a Venezia, ai due porti a esse destinati  cioè le Zattere e Sacca della Misericordia. Dalle Zattere arrivavano agli squeri per le barche più piccole e all’Arsenale per le navi.

Ricerca di Alberto Z., Fatlum S., Daniel P.

 

Quanti boschi per costruire una galea!

Per le costruzioni navali erano richieste le “legne” di qualità migliore. In particolare, le galee veneziane del 1400-1500 erano navi grandi complesse, fornite di tre alberi mobili, con vela quadra, ma dotate anche di remi, fino a venticinque per ogni fiancata e con due o tre vogatori per remo. Lo scafo era largo cinque metri, e lungo fino a quaranta, snello e sottile, particolarmente veloce pur essendo capace di portare fino a trecento uomini completamente armati, oppure una gran quantità di mercanzie, quando le galee erano destinate “anche” al commercio. Secondo un elenco del 1500 (Asche, 1994), per costruire una galera di questo tipo servivano quasi 500 m3 di legno quercia, 50 m3 di legname di conifera e di qualche centinaio di tronchi di faggio. Solo per mantenere la sua potenza militare sul mare, l’Arsenale richiedeva ogni anno, sul principio del 1500, più di 20000 m3 di legno di quercia  oltre a qualche migliaio di m3 di legno di conifera. Nel 1572, l’anno successivo la battaglia di Lepanto, l’Arsenale fu in grado di varare e armare ben venticinque galee in un solo mese, come raccontano numerose cronache di quell’episodio. C’era una grande scorta  di tronchi fluitati fino al Lido, lungo le cui rive lagunari essi venivano stagionati, incatenati e immersi nell’acqua salsa, per almeno dieci anni. La Repubblica organizzò un servizio di gestione forestale in tutti i suoi territori in terraferma, con particolare attenzione ai boschi di pianura e di collina in cui crescevano le insostituibili querce.

Ricerca di Alessia L., Ylli K.

 

Sitografia e bibliografia essenziale

wwwedatlas.it

http://www.treccani.it/enciclopedia/venezia_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/

Franco Dal Cin, “La Serenissima e il governo del Bosco d’Alpago nell’operato dei rettori di Belluno(XVI e XVII secolo)”,Cansiglio.it 2014

Franco Dal Cin, “Ordini, provisioni, decreti, terminacioni et lettere In materia de boschi d’Alpago, et Caiada.”, Cansiglio.it 2015

Franco Viola “Foreste della Serenissima: frammenti di storia forestale”, Dipartimento Territorio e Sistemi Agro Forestali, Università di Padova, Lettura del 9 novembre 2011 – Padova, Sezione Nord Est.

Alessandro De Vescovi,“Dal bosco all’Arsenale. Appunti di viaggio di un abete rosso del Cadore”, tesi di laurea in Tecnologie ed industrie del legno, Università degli Studi di Padova.

La politica ambientale della Repubblica di Venezia

Venezia e alberi

Guarda la presentazione su Prezi.

Nella sua lunga e secolare storia la Repubblica di Venezia ha sempre considerato con grande attenzione e lungimiranza i problemi ambientali. Nel territorio della Repubblica di Venezia acque e boschi erano gli elementi base del rapporto fra natura e uomo, finalizzato ad un intelligente sfruttamento delle risorse, che mirava alla conservazione del patrimonio ambientale. Città e ambiente erano, e sono, quindi strettamente legati, al punto che la laguna esiste ancora oggi grazie all’ intervento dell’uomo ma, al tempo stesso, è questo intervento che potrebbe mettere in pericolo la sua sopravvivenza.

Esempi significativi della politica ambientale della Repubblica di Venezia sono la regolazione dei corsi d’acqua per preservare la laguna e gli interventi per la conservazione dei boschi delle zone montane, fonte di prezioso legname, materia prima per la costruzione di edifici e di navi, nel famoso Arsenale. La tutela dei boschi serviva anche ad evitare il dissesto idrogeologico e l’interramento della laguna. (Continua su Prezi).

Felix Finkbeiner, il bambino che piantava gli alberi.

“Per finire, vorrei lanciare un messaggio a tutti i ragazzi del mondo: noi ragazzi rappresentiamo la maggioranza della popolazione mondiale. Possiamo quindi cambiare qualcosa. E non dimenticatelo mai: una zanzara da sola non può scagliarsi contro un rinoceronte, ma migliaia di zanzare possono costringere un rinoceronte a cambiare direzione”. (dal discorso di Felix Finkbeiner all’ONU, 2011)

FelixFinkbeiner

Felix Finkbeiner  è bambino tedesco che  nel 2007, quando aveva 9 anni, dopo che gli era stata spiegata la fotosintesi clorofilliana a scuola e fatta una ricerca sui cambiamenti climatici, ha conosciuto la storia  di Wangari Maathai, che aveva lavorato per piantare oltre 30 milioni di alberi in tutta l’Africa. Così Felix, il 28 marzo 2007 fece piantare il primo albero nella sua scuola. Felix si era posto come obiettivo di piantare un milione di alberi nella sola Germania, ma desiderava che ogni bambino potesse piantare un milione di alberi per ogni paese della terra. Dopo un anno erano già stati piantati 150.000  alberi. Dall’inizio della sua visione, solo in Germania Felix ha piantato più o meno 30 alberi all’ora, ogni ora.  Felix è riuscito anche a presentare la sua iniziativa all’assemblea delle Nazioni Unite. Il 4 maggio 2011 ha raggiunto il suo primo obiettivo: ha pianto il milionesimo albero davanti ai ministri dell’ambiente di 45 nazioni.

Nel 2011 fondò ufficialmente una fondazione chiamata Plant-for-the-Planet, che Felix per due anni guidò personalmente. Dalla sua creazione, l’organizzazione si è sviluppata in un movimento mondiale. Felix è intervenuto anche alla Conferenza Tunza per l’infanzia e la gioventù dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente), dove ha promosso Plant-for-the-Planet ed è stato in grado di ottenere il sostegno dei bambini di tutto il mondo, promettendo di piantare un milione di alberi nei loro paesi. I principali luoghi dove vengono sentiti gli effetti del cambiamento climatico sono i paesi del Sud del mondo, che  soffrono maggiormente il problema ed è proprio in queste nazioni che la fondazione agisce maggiormente, andando a creare frutteti per cercare di sviluppare l’agricoltura.

Oggi Felix ha 20 anni e continua nel suo impegno ambientalista. La sua Fondazione lavora con Nazioni Unite e Nasa,  coinvolgendo nel suo progetto migliaia di ragazzi a ogni latitudine. Oggi grazie a lui sono già stati piantati oltre 15 miliardi di alberi, 200 mila solo in Italia. Il suo obiettivo è ridurre la Co2 in atmosfera di 10 miliardi di tonnellate all’anno. E per farlo dovrà arrivare a piantare in tutto un trilione di alberi.

“Noi ragazzi abbiamo compreso che gli adulti sanno tutto su queste crisi. Ma ciò che non comprendiamo è perché venga fatto così poco. Siamo convinti che gli adulti sanno perfettamente quali sfide ci attendono e quali sono le soluzioni. Ma non comprendiamo perché venga fatto così poco”.(Felix Finkbeiner)

E noi cosa ne pensiamo?

Dopo aver visto il video di Felix,  aver letto le sue parole  ed ascoltato la sua storia pensiamo che:

Il nostro futuro può migliorare anche con minime azioni e piccole attenzioni da parte nostra (Asia F.)

Sono d’accordo con ciò che dice Felix, da soli possiamo fare poco, ma tutti insieme molto. Come dice il proverbio “l’unione fa la forza” (Alberto Z.)

Uno da solo non può fare molto per il mondo, ma tanti di noi, uniti insieme, possono fare tanti cambiamenti per il nostro futuro. (Denis B.)

Io credo che l’affermazione di Felix sia giusta perché lui, da solo, non può combattere contro la deforestazione, ma se tutti cominciamo a piantare alberi, curiamo l’ambiente, non sprechiamo cibo, non sprechiamo acqua, teniamo comportamenti sostenibili possiamo salvare il mondo e le generazioni future. Se diamo un senso ad ogni nostra azione, avremo un mondo migliore. (Daniel P.)

Secondo me il discorso di Felix è molto utile,  perché così i ragazzi si sentono incoraggiati a piantare gli alberi ed a migliorare l’ambiente. Invece che tagliare sempre alberi dovremmo prendere anche esempio dagli antichi della Serenissima.  Quando tagliamo gli alberi poi dovremmo ripiantarli così non ci saranno più luoghi secchi e senza alberi ed  in futuro si vivrà meglio. (Riccardo G.)

Secondo me, l’affermazione di Felix è giusta. I grandi dovrebbero contare su di noi, perché noi siamo il futuro. Tagliando gli alberi si diminuisce l’ossigeno, perciò dobbiamo impegnarci a piantare più alberi, cosi la nostra terra continuerà a vivere. (Ardi T.)

Gli adulti non considerano il futuro delle nuove generazioni. (Alessia L.)